giovedì 29 marzo 2012

Vento contralto


L'avessi saputo mettere a musica, invece no.
Che notte sincera, è quella che lavoro. Timida, con ghiaccio.
Sugli scogli; scotch.
Che brutto modo di farsi uomini, quello dell'essere lucidi. E per scelta, si sceglie sbagliato.
E' un coma, dove non sono qui, il guadagnarmi il pane. Sono giorni regalati, quelli dopo i ventisette - che invece dovevano essere fantastica gloria, in lettere su marmo -
Ti invecchi di giorno, che la sera c'è troppo da fare, la campanella che non suona mai. Che vita di vili, quella degli uomini tutti. I peli della barba son ruvidi che grattano il cranio da dentro, quando si fanno chiari. E allora mi penso che poi, tutto il coraggio, è convenienza, quando non è scarsa voglia.
Il coraggio è una firma falsa ad una giustificazione che non basta nemmeno a saltarti di netto, come fanno i cavalli in quelle belle giornate di sole, nei prati curati che vedi in televisione e pensi che forse quei cavalli, non cagano, perché li, dietro lo schermo ci si può mettere solo profumo di viole e margherite. Ti verrebbe, a volte, di spezzargli le catene, per gioco. Una morte dipinta d'assurdo ed ombra, sulle gradinate del derby di vattelapesca. Trecento chili di fierezza e crine lucido, volato sulla folla, e le foto finte originali degli intellettuali, in bianco e nero, di sangue a forma di zoccolo, da mettersi in una cornice d'argento, o polemiche.
Che rottura di coglioni, a pensare che poi saranno tutti qui pure l'anno prossimo, che il mondo non è finito, che le donne ancora possono guidare, che la bellezza è un concetto del soggetto che se la vuol fare, che tutti i cristi saranno ancora sulla croce, come sempre, come i vecchi del tavolo giù al bar, che c'erano pure loro alla tragedia di Mister Coldy Boom, cavallo sano diventato pazzo, che come loro però se ne fottono, che come quando alzano il bicchiere, che come quando fuori piove.

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