domenica 6 gennaio 2013

Cadute #2

Facendo la conta
Di tutti peccati,
Racconto le scelte
Che ora rimpiango.

Questo tanfo di solitudine
Schizzato via dalle mie orbite
Mi scoppia nei reni
Dividendo un letto per finta
Non si divide un bel cazzo, 
Lasciamoci spazio
I nostri tempi diversi
Hanno il colore di un'eclissi.

Non ho affatto legato
Con tutti i tuoi affanni
Con il tuo presente
Non ho da spartirvi,
Sono qui in tutto quello che non faccio
Mentre monta l'odio per te che ti
Rigiri russando nel letto.

Gingle

Ridotti alla miseria
Dalla pena dello stare
Come carcasse ad aspettare
I movimenti automatici, 
Le fiere alle sbarre
Si spengono di poco in poco
E rimangono i denti attaccati 
Alle gabbie.

Perdo sangue dalle gengive
Ucciso dal filo interdentale
In un esperimento mal riuscito
Di un abbozzo di vita.
Radio cagnara che spenge la gioia
Oh, porca troia.

Oh, porca troia.

Cadute #1

La morte arriva incommensurabile,
Si perdono le penne
Poi i bicchieri
E si dorme alle dieci e mezzo di sera.

Lo star muti
Alle finestre di nebbia
C'è nebbia davvero,
Lo stesso cerchio da colpire
E lo star muti
Muti alla nebbia.

La morte che viene e lascia
Tutto come stava
Le stesse sbiadite parole,
L'abbraccio e poi,
Quel pensiero che tutto
Si risolva così
Nel solito cerchio
Si dorme,
Alle dieci e mezzo di sera.

In quello star muti
Muti alla nebbia, 
La nebbia nel cerchio
È venuta la morte
A lasciarci questo tutto,
Come per scherzo.

lunedì 12 novembre 2012

Una sera, per dire


Ci sono cose
che a me non dici.
Che non ti rendono misteriosa,
o affascinante, ma
ti restituiscono solo
l'eco di te.
Ci sono cose
che a me non dici,
nei tuoi sorrisi senza voglia,
nelle sere dell'autunno,
nei silenzi che preghi.
Ci sono cose
che a me non dici
e che forse dirai a qualcuno
che io non sono,
come un colpo di pistola,
come acqua nella gola.
Ci sono cose
che sono cose a
chilometri da ora.
Sono cose che a me non dici
che non mi dirai
che ti faranno sola
quando siamo solo
io e te.

lunedì 6 agosto 2012

Piazza del Popolo


Poi la mattina
un'ingenuità di vetro
con la chiesa e
dentro Dio o
chi per lui.

Stavamo come le mosche
alla merda;
scese dalla croce
a guardare,
il mondo che ne veniva fuori.


Ed era il giorno

o la piazza

od il fumo

ma cominciammo
a muovere la poesia
con la bocca,
ogni uno.

Sventolavano le macerie
come vessilli.
Se si potesse dire
che nel caos
gli occhi gonfiavano il cuore
col senso della quiete.

I palazzi ch'erano venuti
giù.
la rivoluzione sotto al sole.
la mia primavera migliore.

lunedì 25 giugno 2012

Viderat


Dall'ombelico
alla gola
una foggia
ammirevole
quello squarcio
uno sfarzo di rosso
sulla tinta del grigio
che avevano rischiato
gli occhi tuoi

quel corpo era una
maglia
che non indosso più
sul tuo tavolo freddo
mi rassicuri
l'orrore
hai tirato fuori
- bisturi e forbici -
la colpa da me
come serpente dal
ventre gonfio
avevo ingoiato i miei
affanni
ed il giovane
che fui
ingoiato
come serpente.

Le tue lame sicure
le lampade limone
negli occhi di rettile
le tue mani hanno colpe
più pesanti delle mie
e con quelle sei riuscita
hai estratto quello
che avevo preso
in pasto.

Quella era la mia carne
prima di abbandonarla
hai estratto il mio pasto
hai strappato le mie viscere
con le tue colpe
più grandi delle mie
e mi sentivo un bambino
vedendo le tue colpe
più grandi delle mie mani;
hai estratto il mio pasto
ero più giovane
prima di mangiarmi
come serpente.
Ora non abito più la mia
carne
mentre esco dal mio ventre.

giovedì 29 marzo 2012

Vento contralto


L'avessi saputo mettere a musica, invece no.
Che notte sincera, è quella che lavoro. Timida, con ghiaccio.
Sugli scogli; scotch.
Che brutto modo di farsi uomini, quello dell'essere lucidi. E per scelta, si sceglie sbagliato.
E' un coma, dove non sono qui, il guadagnarmi il pane. Sono giorni regalati, quelli dopo i ventisette - che invece dovevano essere fantastica gloria, in lettere su marmo -
Ti invecchi di giorno, che la sera c'è troppo da fare, la campanella che non suona mai. Che vita di vili, quella degli uomini tutti. I peli della barba son ruvidi che grattano il cranio da dentro, quando si fanno chiari. E allora mi penso che poi, tutto il coraggio, è convenienza, quando non è scarsa voglia.
Il coraggio è una firma falsa ad una giustificazione che non basta nemmeno a saltarti di netto, come fanno i cavalli in quelle belle giornate di sole, nei prati curati che vedi in televisione e pensi che forse quei cavalli, non cagano, perché li, dietro lo schermo ci si può mettere solo profumo di viole e margherite. Ti verrebbe, a volte, di spezzargli le catene, per gioco. Una morte dipinta d'assurdo ed ombra, sulle gradinate del derby di vattelapesca. Trecento chili di fierezza e crine lucido, volato sulla folla, e le foto finte originali degli intellettuali, in bianco e nero, di sangue a forma di zoccolo, da mettersi in una cornice d'argento, o polemiche.
Che rottura di coglioni, a pensare che poi saranno tutti qui pure l'anno prossimo, che il mondo non è finito, che le donne ancora possono guidare, che la bellezza è un concetto del soggetto che se la vuol fare, che tutti i cristi saranno ancora sulla croce, come sempre, come i vecchi del tavolo giù al bar, che c'erano pure loro alla tragedia di Mister Coldy Boom, cavallo sano diventato pazzo, che come loro però se ne fottono, che come quando alzano il bicchiere, che come quando fuori piove.